Dopo gli interventi del Prof. Marco Vignetti (Vice Presidente Nazionale AIL - Associazione Italiana contro le leucemie - linfomi e mieloma ONLUS) e della Prof.ssa Gina Zini (Direttore Emotrasfusionale UOC della Fondazione Policlinico Gemelli Università Cattolica del S. Cuore di Roma), Donatorinati ospita la riflessione del Presidente nazionale FIDAS e Coordinatore Civis, Aldo Ozino Caligaris, nell’ambito dei contributi offerti dalle principali personalità impegnate sul tema della donazione di sangue.
La giornata mondiale del donatore rappresenta, ormai da diverso tempo, l’appuntamento annuale con cui ringraziare i donatori volontari e associati del sangue, che con la loro disponibilità gratuita e fedeltà anonima assicurano la terapia trasfusionale con emocomponenti e medicinali plasmaderivati ai pazienti del Paese, e l’occasione per divulgare da parte del Centro Nazionale Sangue i dati ufficiali del sistema trasfusionale nazionale. Se da una parte abbiamo potuto riscontrare una tenuta in termini di autosufficienza nazionale per globuli rossi e piastrine oltre che un leggero incremento del plasma raccolto, destinato in particolare al frazionamento industriale per la produzione di medicinali plasmaderivati, dall’altra abbiamo dovuto prendere atto del calo complessivo di donazioni e di donatori a livello nazionale.
Questi due dati negativi sono oggi il frutto di una serie di cause sociologiche e demografiche di cui da tempo abbiamo consapevolezza e contro le quali si è cercato di correre ai ripari con risultati, purtroppo, non ancora rassicuranti. Il basso indice di natalità in Italia e il progressivo invecchiamento della popolazione costituiscono due delle principali motivazioni di tale decremento. E se da una parte l’utilizzo appropriato della risorsa sangue, sostenuta anche dall’implementazione del Patient Blood Management, certamente costituisce una controffensiva al calo delle donazioni dall’altra l’aumento dei pazienti con oltre 65 anni, che già oggi assorbono due terzi della terapia trasfusionale annuale, fanno temere per il mantenimento dell’autosufficienza.
Fino a qui niente di nuovo. Potremmo parlare di “cronaca di una morte annunciata”! Ma ciò sarebbe inopportuno e riduttivo oltre che ingeneroso verso quelle realtà associative che, impegnandosi fattivamente, hanno confermato dati di crescita di donatori e di donazioni dimostrando, se ce ne fosse bisogno, che laddove si attuano scelte associative virtuose i risultati positivi si possono ottenere. Occorre quindi fare qualche ulteriore riflessione.
Lo scenario sociale, lavorativo e politico del Paese non favorisce certo la partecipazione solidaristica e volontaria dei cittadini a grandi obiettivi etici e morali, quali il conseguimento dell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza e delle finalità del Sistema Sanitario Nazionale. I criteri di selezione del donatore, necessari per tutelare i donatori stessi e i riceventi, richiedono un’informazione del donatore consapevole della necessità che, per donare sangue o emocomponenti, si devono perseguire comportamenti e corretti stili di vita che garantiscano la buona salute della persona. Inoltre, l’offerta delle sedi dove donare e i tempi messi a disposizione oggi non sono più coerenti con le esigenze e le attese dei donatori. Non basta la rassegnazione “alla vendetta del seduttore” per accettare questo insieme di elementi che sicuramente costituiscono e costituiranno i motivi degli ulteriori trend negativi dei prossimi anni. Da qui la necessità di ritornare ai tre attori del sistema trasfusionale e di richiamarne le rispettive responsabilità.
Alle Associazioni organizzate dei donatori occorre ricordare le finalità primarie del loro agire: promuovere la cultura della solidarietà e della donazione volontaria, periodica, anonima e gratuita, con particolare attenzione alle giovani generazioni. Ai professionisti del sistema trasfusionale vale la pena di rammentare l’indispensabile unitarietà del percorso trasfusionale “da vena a vena” e la necessità di garantire attraverso l’attività sanitaria di raccolta, sia pubblica sia associativa, la possibilità di erogare la terapia trasfusionale ai pazienti. Alle Istituzioni, vecchie e nuove, serve evidenziare la necessità di prevedere nuovi modelli organizzativi in linea con le attese dei donatori e dei riceventi e il rafforzamento della rete trasfusionale nazione e regionale in coerenza con l’attuale rimodulazione della Sanità del Paese. A tutti non deve sfuggire l’importanza che soltanto attraverso programmazioni condivise e con un appropriato utilizzo delle risorse economiche e umane sarà possibile prefigurare il “liete fine” di questo scenario. È necessario mettere in atto un’inversione di rotta del sistema trasfusionale con l’indispensabile coesione degli attori a tutti i livelli, nazionali, regionali e locali. Ripetere schemi e scelte obsolete non porterà ad un aumento dei donatori e delle donazioni. Implementare e inventare nuove strategie, attuarle e verificarle potrà essere l’unica strada per non finire nel “vortice dei ricordi e dei fatalismi”.
Articolo di Aldo Ozino Caligaris, Presidente nazionale FIDAS
Coordinatore Civis, pubblicato su Noi in Fidas